mercoledì 26 gennaio 2011

Mario Scaccia

A Mario Scaccia la vita ha risparmiato l'umiliazione di chi vede svanire la propria lucidità. E noi non possiamo che ricordare, con immensa gratitudine, il privilegio di aver potuto gustare fino all'ultimo i frutti del suo straordinario talento. A novant’anni, questo mattatore del teatro italiano continuava a calcare le scene, e dispensava emozioni e sorrisi con una generosità tutta votata al divertimento. Se ne è andato questa notte, al Policlinico Gemelli, per le complicazioni seguite a un intervento chirurgico. Un male incurabile lo aveva costretto a sospendere lo spettacolo Interpretando la mia vita, che era andato in scena al Teatro Arcobaleno di Roma fino al dicembre scorso.
Figlio di un noto pittore, era nato nella capitale nel 1919. Iscrittosi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica nel 1945, dopo aver trascorso in Africa gli anni della Seconda Guerra Mondiale, esordì nel ’46 con Woyzeck di Büchner e si diplomò nel ‘48. In quasi settant’anni di carriera, spaziò dal teatro al cinema, dagli sceneggiati televisivi alla conduzione radiofonica. Entrato nella Compagnia Anton Giulio Bragaglia del Teatro Ridotto di Venezia, recitò accanto a Erminio Macario e a Vittorio Gassman. Lavorò anche con Ettore Petrolini, di cui molti anni più tardi interpretò Chicchignola, e con Eduardo De Filippo, che eccezionalmente gli permise di utilizzare il suo camerino del Teatro San Ferdinando di Napoli.
Da raffinato caratterista, prese parte a innumerevoli film, senza disdegnare nulla di ciò che era popolare: da La fiammata (1952) di Blasetti, che ne segnò l’ingresso nel mondo del cinema, a Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio (1983) di Luciano Martino, passando per Il mattatore (1960) e A porte chiuse (1961) di Risi, A ciascuno il suo (1967) e La proprietà non è più un furto (1973) di Petri, e Le farò da padre (1974) di Lattuada, fino al film collettivo Signore e signori, buonanotte (1976), in cui interpreta il Cardinal Piazza-Colonna nell’episodio Il Santo Soglio. Per Luigi Comencini, dopo aver partecipato al film Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano (1969), recitò anche nel celebre sceneggiato tv Le avventure di Pinocchio (1972).
Ma la parte migliore della sua inesauribile vitalità si riversò sul teatro. Risale infatti al 1961 la nascita della Compagnia dei Quattro, che Scaccia fondò insieme a Valeria Moriconi, a Franco Enriquez e a Glauco Mauri. Da Molière a Goldoni, da Machiavelli a Ionesco: oltre al già citato Chicchignola di Petrolini, il maestro Scaccia prestò il proprio volto al Fra’ Timoteo della Mandragola, all’Arpagone dell’Avaro, all’ebreo Shylock del Mercante di Venezia e persino a Madame Latour de Il signore va a caccia di Feydeau.
Negli ultimi tempi, la sua proficua collaborazione con l’editore bolognese Paolo Emilio Persiani aveva permesso la pubblicazione del dvd La mandragola, per la regia di Edoardo Sala, e dell’autobiografia Interpretando la mia vita. Nel blog dell’istrionico artista, curato dalla stessa casa editrice, si legge che la morte di Scaccia avviene «in concomitanza con l’uscita del suo ultimo libro, Per amore di una rima», una raccolta di poesie nella quale vengono presentati al pubblico «i versi che il maestro ha scritto dalla fine degli anni ‘30 fino ai nostri giorni». Se potesse commentare questa fortuita coincidenza, il grande Mario Scaccia non esiterebbe a congratularsi con il giovane editore… E mentre fioccano i messaggi di cordoglio da parte delle istituzioni e del mondo della cultura, torna alla memoria una saggia massima di Sant’Agostino, già sottoscritta da Mario Monicelli, alla quale l'illustre defunto è rimasto fedele tutta la vita: «Nutre la mente soltanto ciò che la rallegra».

Manuel Lambertini

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