giovedì 17 marzo 2011

150 anni



«I leghisti al Consiglio regionale lombardo rifiutano l’inno di Mameli. Per il resto vanno a caccia di poltrone e presidenze… nazionali». A esordire con queste parole, alla vigilia del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, è un editoriale di Giorgio Vecchiato pubblicato on line da Famiglia Cristiana. Ieri il Card. Bertone si è recato al Quirinale con un messaggio di Papa Benedetto XVI: «L'unità d'Italia, realizzatasi nella seconda metà dell'Ottocento ha potuto aver luogo non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo». Invece per gli uomini del Carroccio l’«identità nazionale forte e radicata» sembra esser questione di stati d’animo, oltre che di opportunità politica: due giorni fa i consiglieri regionali leghisti in Lombardia disertavano l’aula al momento dell’inno di Mameli, tra alzate di spalle e polemiche di facciata...
«Rifiutarsi di cantare l'inno di Mameli, anzi rimpiazzarlo al bar con brioche e cappuccino, - fa notare ancora Famiglia Cristiana - è uno di quei giochetti che danno ai protagonisti un brivido gladiatorio, non comportano rischio alcuno, procurano titoli sui giornali e spazi in tv». I leghisti «non cantano l’inno nazionale e nemmeno vogliono ascoltarlo: ma se vengono in ballo presidenze di banche e direzioni di enti, anch’essi nazionali come Mameli; se oltre alle manovre romane c’è da occupare poltrone regionali, provinciali, comunali e rionali; se insomma si tratta di distribuire posti e prebende ad ogni livello, la Lega è già piazzata in prima linea. Oggi, a spregio dell’inno, la brioscina alla buvette. Domani antipasti, tartufi e caviale, primi piatti a piacere, secondi con carne, pesce  e cacciagione assortita, eventuali aggiunte fuori menu, dessert. E bicarbonato in ampolla con l’acqua del Po, per mandar giù tutto. Se serve, cantando».
Persino il critico musicale dell’Osservatore romano, Marcello Filotei, ha velatamente polemizzato con la Lega: «Ascoltando il Nabucco per intero, chi non fa propri i valori dell'unità, potrebbe cogliere l’occasione se non per cambiare idea - solo i visionari come Mazzini riconoscono tanto potere alla musica - almeno per scegliere un altro compositore di riferimento».
I leghisti, com’è noto, non riescono a liberarsi dalle irresistibili pulsioni secessioniste; ma almeno la “questione romana” sembra essersi risolta per il meglio… «La Conciliazione - ha scritto il Santo Padre nel suo messaggio a Napolitano - doveva avvenire tra le Istituzioni, non nel corpo sociale, dove fede e cittadinanza non erano in conflitto. Anche negli anni della dilacerazione i cattolici hanno lavorato all’unità del Paese». Insomma: il non expedit di Pio IX e la sua esortazione a non partecipare alla vita politica italiana sono acqua passata. «Passate le turbolenze causate dalla “questione romana”, giunti all'auspicata Conciliazione, anche lo Stato Italiano ha offerto e continua ad offrire una collaborazione preziosa, di cui la Santa Sede fruisce e di cui è consapevolmente grata». Collaborazione che oggi si concretizza in una questua annuale di 4 miliardi di euro: soldi pubblici deliberatamente elargiti alla Chiesa. Ma questa è un’altra storia.

Manuel Lambertini



sabato 12 marzo 2011

Nilla Pizzi


La regina della musica italiana ci ha lasciato. Nilla Pizzi, che avrebbe compiuto 92 anni il 16 aprile, era ricoverata da tre settimane in una clinica milanese. L’album di inediti annunciato per quest’anno non vedrà mai la luce: ora l’interprete più popolare degli anni ’50 è patrimonio esclusivo della storia della canzone. Censurata dal regime fascista perché troppo sensuale, la sua straordinaria vocalità accompagnò gli entusiasmi del secondo dopoguerra, colonna sonora leggera e distesa dei valori tradizionali, dei patimenti d’amore, delle sofferenze degli umili e dell’emigrazione italiana all’estero. Resterà per sempre l’icona della «bella canzone popolare, quella che ti fa cantare alle feste, ai matrimoni, alle scampagnate, in corriera. Cose che portano il buonumore, l'allegria e magari qualche bel ricordo».
Adionilla Negrini Pizzi era nata nel 1919 a Sant’Agata Bolognese, e per tutta la vita ha portato con sè la genuinità saggia e gioviale  della sua terra. Appena diciottenne, nel 1937 vinse il concorso di bellezza “5000 lire per un sorriso”; fu poi assunta all’Eiar, e cominciò ad esibirsi con l’orchestra Zeme. Dopo un breve allontanamento dalle scene, nel 1946 entrò nell’orchestra del maestro Cinico Angelini, con cui ebbe una relazione sentimentale. Il 1951 la vide trionfare al primo Festival di Sanremo, con Grazie dei fior, e aggiudicarsi anche la seconda posizione insieme ad Achille Togliani, grazie al brano La luna si veste d’argento. L’anno successivo fu protagonista di un record rimasto imbattuto, conquistando da sola le prime tre posizioni, con canzoni destinate a imprimersi nell’immaginario collettivo: Vola colomba, Papaveri e papere e Una donna prega. La sua avventura artistica proseguì tra film, trasmissioni radiofoniche, partecipazioni televisive e qualche amore tormentato (prima con Luciano Benevene, col quale duettò, tra l’altro, in Avanti e indrè; poi con Gino Latilla, che per lei tentò il suicidio). Al Festival del 1958 si classificò seconda, dopo Nel blu dipinto di blu di Modugno: ma lo stesso brano, L’edera, un anno dopo vinse Canzonissima.
Nel rievocare gli anni d’oro della carriera, avrebbe successivamente paragonato l’ascesa al successo ad una scala: «Ad un certo punto, se sei fortunato, tocchi la cima, come ho fatto io nei primi anni '50. E allora l'importante e’ trovare il modo giusto di scendere. Io ho cercato di scendere senza scivolare e senza rompermi il collo. Così mi sono sistemata sul mio gradino, da dove ho continuato a cantare, a far serate, a divertirmi».
Prima di essere colpita da ischemia, nel 2003, annunciava di voler intraprendere il tour estivo di uno spettacolo con Platinette. Già nel 2001, con la supervisione di Paolo Limiti, aveva interpretato una versione rap di Grazie dei fiori insieme alla boyband 2080, e a Ferragosto dello stesso anno era stata madrina del Gay Pride di Torre del Lago (Lucca). Dal 2008, inoltre, rinnovava il proprio sostegno all’Istituto Ramazzini di Ozzano dell’Emilia, esibendosi con l’amico Giorgio Consolini in favore della ricerca sul cancro. Commentando la sua apparizione al 60esimo Festival di Sanremo, nel 2010, Mario Luzzatto Fegiz l'aveva ricordata come un’«artista che negli anni d'oro spiccava non solo per la tecnica vocale, ma per il carattere sincero ed emotivo (che la portò poi a dichiararsi fino all'ultimo attratta dal fascino di Bettino Craxi). La regina di Casetta in Canadà e Papaveri e Papere (che lei ha sempre sostenuto essere una canzone-metafora sul dominio dei ricchi sui poveri) offriva un'immagine pubblica rassicurante, ma il privato conosceva anche la burrasca della passione come il suo amore per Gino Latilla, marito della sua migliore amica Carla Boni. Ma per il pubblico, con la sua voce rotonda, accattivante e lineare, era il simbolo della donna che “stimola ma non stordisce”».
Durante la sua ultima apparizione in tv, nel corso della trasmissione Minissima 2010 dedicata ai settant’anni di Mina, il conduttore Paolo Limiti lesse una lettera indirizzatale dalla “Tigre di Cremona”: «Carissima Nilla, tu sei sempre stata la regina. Bastava chiamarti Nillapizzi, tutto attaccato, come se fosse un soprannome più elegante di ogni metafora. Sei sempre stata bella. Io ho imparato molto dalla tua voce. Ed è giusto ammetterlo, finalmente. Ho cercato di arrotondare la voce, di schiacciarla, di infantilizzarla, di mascolinizzarla, di strapazzarla, di renderla più autorevole proprio nelle emissioni, ho lavorato sulle vocali e sulla doppie come tu hai sempre suggerito, magari inconsciamente. Grazie, Nilla. Ti mando un grande bacio. E lasciami dire che ti vogliamo bene, che sei sempre tu la regina. Ti voglio bene. Tua Mina».  


Manuel Lambertini

«A brigante, brigante e mezzo!»

Molti dei promotori dell’appello che segue hanno aderito alla manifestazione di oggi, in difesa della Costituzione repubblicana e della scuola pubblica. Il recente disegno di legge sulla giustizia è l’ultimo, umiliante attacco ai fondamenti della Carta costituzionale. E questa volta Berlusconi non ha nemmeno tentato di nascondere la natura ad personam del provvedimento: «Se avessimo avuto questa riforma della Giustizia vent'anni fa si sarebbe evitata l'esondazione, l'invasione della magistratura nella politica. E quelle situazioni che hanno portato, nel corso della storia degli ultimi venti anni, a cambiamenti di governo. Tangentopoli non sarebbe mai esistita. Questa riforma è come una liberazione che aspettavo dal 1994». Una simile dichiarazione, da sola, dovrebbe convincere l’opposizione a contrastare senza se e senza ma la «riforma epocale» pubblicizzata in questi giorni. Qualche settimana fa, proponendo il blocco a oltranza del Parlamento, Andrea Camilleri ha suggerito un’infallibile linea di condotta, resa celebre dal mai abbastanza compianto Sandro Pertini: «A brigante, brigante e mezzo!».




«Il governo Berlusconi, e la sua maggioranza parlamentare obbediente perinde ac cadaver, è entrato in un crescendo di eversione che mira apertamente a distruggere i fondamenti della Costituzione repubblicana e perfino un principio onorato da tre secoli: la divisione dei poteri. Di fronte a questo conclamato progetto di dispotismo proprietario chiediamo alle opposizione (all’Idv che si riunisce domani, al Pd che dell’opposizione è il partito maggiore, ma anche all’Udc e a Fli, che ormai riconoscono l’emergenza democratica che il permanere di Berlusconi al governo configura) di reagire secondo una irrinunciabile e improcrastinabile legittima difesa repubblicana, proclamando solennemente e subito il blocco sistematico e permanente del Parlamento su qualsiasi provvedimento e con tutti i mezzi che la legge e i regolamenti mettono a disposizione, fino alle dimissioni di Berlusconi e conseguenti elezioni anticipate. Se non ora, quando?»

Andrea Camilleri
Paolo Flores D’Arcais
Dario Fo
Margherita Hack
Franca Rame
Barbara Spinelli
Antonio Tabucchi

Manuel Lambertini