domenica 9 gennaio 2011

Cultura leghista

In questi ultimi giorni, la politica italiana si è dovuta confrontare con un evento del tutto inaspettato: la Lega Nord ha scoperto gli effetti dei tagli alla cultura. Da maligni, dubitavamo persino che i suoi dirigenti e i suoi sostenitori conoscessero gli effetti della cultura tout court, e nessuno pretendeva che contestassero un provvedimento che li avrebbe solo favoriti... Per dirla con Umberto Eco, «che cos’è il leghismo se non la storia di un movimento che non legge?».
Lontani dall’aderire a una concezione esclusivista di «cultura», la stessa che i militanti di quel partito inconsapevolmente utilizzano per promuovere lo scontro di civiltà, pensavamo che la Lega si riconoscesse solo nel raduno di Pontida o nei grotteschi rituali che ogni anno conducono Bossi alle sorgenti del Po. Da ignoranti, credevamo che quest’orda di galli cisalpini e di nuovi druidi alternasse il crocifisso ai riti celtici senza una precisa ragione, solo sulla base di occasionali opportunità politiche.
Però adesso dovremmo ravvederci! Il leghista Flavio Tosi, che fino ad ora si era potuto fregiare solo di una condanna definitiva per propaganda razzista, ha deciso di sguainare la spada come un moderno Alberto da Giussano per difendere l’Arena di Verona, della cui Fondazione il sindaco è presidente. Il tempio della lirica italiana, infatti, rischia di chiudere per bancarotta, dopo aver terminato l’ultima stagione con una perdita di 2,6 milioni di euro.
A dire il vero, gli amministratori locali leghisti – tra cui lo stesso Tosi, il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e quello del Veneto Luca Zaia – avevano già manifestato un tiepido dissenso verso la manovra economica; ma lo stato maggiore del Carroccio si era stretto intorno al ministro Tremonti, uomo di specchiata confessione federalista.
Indignato dai tagli indiscriminati del governo Berlusconi, il sindaco Tosi si è accorto che anche la sua Verona è stata tranciata di netto dall’implacabile scure di Roma ladrona, e che a farne le spese potrebbe essere l’istituzione più prestigiosa della città. «I casi sono due – ha puntualizzato Tosi – o l’Italia, che è un Paese che vive anche di cultura e di lirica, fa i conti seriamente con questo dato, oppure qui si rischia di mandare a ramengo l’intero comparto». Stando alle sue dichiarazioni, anche l’opposizione di centro-sinistra dovrebbe combattere insieme a lui questa battaglia, invece di approfittare della situazione per contestare l’amministrazione comunale... Non starà forse chiedendo al Pd di dimenticare la responsabilità dei ministri e dei sottosegretari leghisti nelle scelte politiche del governo, in complicità con i parlamentari del Terzo Polo e della “nuova destra europea” guidata da Gianfranco Fini?
Su scala nazionale, tale prospettiva potrebbe preludere a una nefasta convergenza del Pd e della Lega sul federalismo, allungando irrimediabilmente la vita al governo.  Che cosa farà il più grande partito di opposizione? Abboccherà anche all’esca leghista, dopo aver rincorso per mesi l’Udc? O sceglierà finalmente di opporsi con la dovuta decisione a quel federalismo che, se approvato, permetterebbe al Cavaliere e ai suoi alleati di umiliare per altri tre anni tutto ciò che è cultura?

Manuel Lambertini

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