sabato 26 febbraio 2011

B. di Bobbio

Quindici anni fa Norberto Bobbio diede alle stampe il libro Tra due Repubbliche (Donzelli, 1996). Di quell’opera, alcuni illuminanti stralci furono ripresi in un’edizione di Critica liberale del marzo 2004, due mesi dopo la morte dell’autore, e pubblicati anche da L’Espresso. Parole che potrebbero essere scritte oggi. E che la dicono lunga sull’anomalia del potere berlusconiano. Sui suoi tratti ricorrenti e insieme spiazzanti. Sull’entusiasmo con cui è stato accolto il suo dissoluto autoritarismo, nell’esaltazione delle spregiudicatezze più sfacciate.
Un volume curato da Michelangelo Bovero, Il futuro di Norberto Bobbio (Laterza, 2011), ora raccoglie numerosi e autorevoli interventi in memoria del grande filosofo. Al convegno da cui è tratto il libro hanno partecipato, tra gli altri, Giorgio Napolitano, Remo Bodei, Stefano Rodotà, Antonio Cassese, Luigi Bonanate, Mario G. Losano, Michael Walzer, Ernesto Garzòn Valdes e Stephen Holmes. «Norberto Bobbio manca alla cultura e alla vita civile del nostro presente», ha scritto nella prefazione Michelangelo Bovero, professore ordinario di Filosofia Politica all’Università di Torino. «Manca la sua proverbiale chiarezza, che non è soltanto uno stile, una dote di nitore nella scrittura: è un modo di pensare, di affrontare i problemi andandovi al cuore, superando equivoci e confusioni, involontarie o interessate. Tuttavia – anche questa è un'idea condivisa – l'opera sterminata che Bobbio ci ha lasciato è in grado, per la sua misura “classica”, di offrire orientamenti per la comprensione della nostra realtà, in parte già mutata rispetto al tempo, anzi ai diversi tempi, in cui è stata elaborata».
Per certi aspetti, sembra proprio che nelle righe che seguono il nostro presente ci sia tutto. Il protagonista incontrastato della Seconda Repubblica, forte di un potere mediatico senza eguali, si è ormai insinuato nel patrimonio genetico della nazione. E non lascia immaginare alcun orizzonte politico alternativo.


Ambra e l’Unto del Signore
«Sono comparsi, […] come si è detto, partiti personali. Ma la novità assoluta e strabiliante di Forza Italia sta nell’essere, come dire?, il primo partito personale di massa. Chi ha votato Forza Italia non ha scelto un programma, ha scelto una persona, quel signore sempre elegantissimo, che conosce bene l’arte di attrarre l’attenzione su di sé con il suo eloquio, la sua maniera disinvolta e accattivante di muoversi e di rivolgersi al proprio pubblico, anche raccontando di tanto in tanto, con la perizia del vecchio comico, una barzelletta; sempre sorridente, sicuro di sé, abile semplificatore di concetti economici tanto da renderli alla portata di tutti; bravissimo nel farsi compiangere come vittima di complotti, di cospirazioni, di tradimenti, ingenuo bersaglio di nemici cattivi e perfidi alleati. L’avrete pur visto qualche volta quando preceduto dal suo inno entra in un grande salone gremito di gente, che al suo arrivo si alza in piedi e per alcuni minuti grida: “Silvio, Silvio”. Lui è l’Unto del Signore (e i vescovi lo hanno lasciato dire), il suo principale avversario è un Giuda; lui fa dire ad Ambra giovinetta prima maniera durante la campagna elettorale: “Il Padreterno tifa Berlusconi, perché Occhetto è un demonio”; lui in pubblico, davanti a milioni di spettatori, per asseverare una sua verità giura sulla testa dei suoi figli; lui è uno che “ha sempre ragione”. Sembrava negli ultimi tempi avesse messo giudizio, ma or non è molto ha detto di essere investito della Grazia di Stato, parole oscure e di difficile interpretazione, a meno che volesse dire semplicemente stato di grazia, ma efficacissime per convincere i suoi seguaci che lui è una spanna al di sopra degli altri. Una delle caratteristiche ben note e documentate della “personalità autoritaria” è l’assoluta fiducia in se stessi, nelle proprie possibilità di risolvere i più difficili problemi non solo per se stessi ma anche per gli altri. Il suo motto preferito è: “Lasciate fare a me, lavoro per voi”. Perché non è riuscito a mantenere le promesse di cui si era servito per vincere le elezioni? Perché non lo hanno lasciato lavorare. Parla sempre in prima persona. Lui guida, gli altri seguono.
Ricordate la fotografia del drappello dei bianco-vestiti in tuta sportiva che facevano la salutare corsa mattutina? Silvio era in testa, gli altri, i suoi fedeli collaboratori, lo seguivano ansimanti ma felici nell’adempimento del loro obbligo di servizio. Ricordo la facezia di un anonimo che nel vedere la scenetta commentò: “Mi è venuta un’idea / lo dirò con una battuta: / vestivano i servi un dì la livrea / oggi la tuta”. Non ammette di essere smentito. A chi lo contesta risponde che non è stato capito o aveva bonariamente scherzato. Il Polo delle libertà smantella lo Stato sociale? Ma chi l’ha mai detto? Si attribuisce il compito di proteggere i valori cristiani minacciati dal “comunismo ateo”. Guida il Polo per le libertà, ma nel settore decisivo per la garanzia delle principali libertà, la formazione dell’opinione pubblica, la cui libera espressione è il fondamento di uno Stato libero, detiene il monopolio delle televisioni private, facendo nascere quella incompatibilità tra la sua attività di imprenditore e quella di protagonista della vita politica che è stata chiamata eufemisticamente “conflitto di interessi”».


Da allora, quel «Satana» di Achille Occhetto ha abbandonato la politica attiva. E Ambra Angiolini si è redenta: ha vinto il David di Donatello grazie a Ferzan Ozpetek e al suo film Saturno contro, gira l’Italia con uno spettacolo di Stefano Benni e manifesta per la dignità della donna. Ad Annozero, il 17 febbraio, ha dato prova di intelligente autoironia.
Il profilo di Berlusconi, invece, non sembra aver subito variazioni di rilievo. La sua straordinaria capacità comunicativa non si è affatto esaurita. Le «toghe rosse» e la minaccia comunista hanno conservato un posto d’onore nel suo corredo propagandistico, insieme ad un inesauribile repertorio di barzellette. Come pure rimane immutata la sua visione personalistica della vita istituzionale: il ben noto «ghe pensi mi», che è arrivato a compromettere l’approccio degli italiani alla politica, avvelenandolo di indifferenza. Le televisioni di sua proprietà continuano a esaltare la corruzione dei costumi, gettando discredito sulla libera informazione e sulla magistratura indipendente. Le leggi ad personam, negli anni successivi alla morte di Bobbio, si sono susseguite ad un ritmo incalzante; e oggi, in pieno Rubygate, si riaffacciano con inaudita prepotenza nel dibattito parlamentare. Anche recentemente ha giurato sulla testa dei suoi figli: quando negava di avere ricevuto prestazioni sessuali a pagamento… I «nemici cattivi» a cui alludeva il filosofo torinese sono sempre gli stessi: i comunisti, insidiosamente travestitisi da democratici, subdolamente infiltratisi nella magistratura e nella scuola pubblica. Invece il fronte dei «perfidi alleati» si è allargato alla destra postfascista e agli eredi della Democrazia Cristiana, mentre la Lega sembra essersi inserita con disinvoltura nella corte del sultano. I servi, poi, non mancano, siano in tuta o in livrea. Ultimamente si chiamano «Responsabili». Sono il movimento più trasversale della storia repubblicana. Hanno costituito un gruppo parlamentare per tenere in vita il governo Berlusconi. E nel tentativo di assicurarsi un lauto vitalizio a spese dello Stato.

Manuel Lambertini

1 commento:

  1. Bellissimo scritto!! Oggi i politici sono opachi e insipidi, non sanno cosa voglia dire fare politica e tantomeno ne conoscono il valore intrinseco... se lo conoscessero veramente, tutti quanti, allora esisterebbe chiarezza e responsabilità, due qualità che ormai possiamo solo sognare........

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