domenica 30 giugno 2013

Margherita Hack

Margherita Hack
(Firenze, 12 giugno 1922 - Trieste, 29 luglio 2013)
«Stella rossa» titola oggi il manifesto, salutando Margherita Hack con un appellativo che di sicuro l’avrebbe fatta sorridere. Quasi a disperdere le vivaci polemiche che l’avevano vista protagonista in vita, il presidente Napolitano si è limitato a dire, molto semplicemente, che «ha onorato l’Italia»: già nel maggio 2012, in vista del suo novantesimo compleanno, l’aveva nominata Dama di gran croce «per il costante e instancabile impegno profuso nella ricerca scientifica e al servizio della società, che la rende esempio di straordinaria dedizione e coerenza per le giovani generazioni».
Era peraltro inevitabile che nel giorno della scomparsa il suo attivismo e il suo impegno civile fossero ricordati assai più dei pur altissimi meriti scientifici. Era un'astrofisica comunista, atea e vegetariana. Di una schiettezza indomabile, irriverente. Appassionata di gatti (ne aveva otto) e di bicicletta: «Si va abbastanza forte per assaporare l’ebbrezza della velocità e coprire distanze più lunghe di quelle che si fanno a piedi. E si va abbastanza piano per poter gustare il paesaggio e immergersi nella natura e nei suoi odori». Razionale fino allo scetticismo, ma mai superficiale: «Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile». Mangiapreti irriducibile e impenitente. Emblematico lo scambio di battute che ebbe con il vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti; questi, al termine di un esuberante dibattito, cercò di concludere l’incontro nel segno di una curiale conciliazione: «Questa serata è veramente da annali per il modo con cui ci siamo trattati: con molto rispetto…». Ma la Hack non riuscì proprio a lasciargli l’ultima parola: «E che, ci si doveva prendere a pugni?!?».
La incontrai una prima volta al Biografilm Festival di Bologna, nel giugno 2008: in quei giorni partecipò alla presentazione del film di Marina Catucci e Roberto Salinas, Il secolo lungo, festeggiò con un certo distacco l’ottantaseiesimo compleanno e aderì convintamente al Gay Pride.
Margherita Hack a Marzabotto, 25 aprile 2011
Indimenticabile poi la testimonianza che lasciò a Monte Sole il 25 aprile 2011, quando commemorò l’eccidio nazista del ’44 e invocò tra gli applausi «una nuova resistenza, una resistenza che si può fare con la scheda elettorale», denunciando i tagli alla cultura e alla scuola pubblica, il razzismo verso i rom, gli immigrati e gli omosessuali, nonché il processo di smantellamento che il governo Berlusconi stava infliggendo alla Costituzione e alla laicità dello Stato: «C’è un’acquiescenza verso i dettami del Vaticano che non c’era nemmeno nella Democrazia Cristiana. La Democrazia Cristiana era molto più laica, anche se tra i democristiani c’erano molti veri cristiani. Questi qua, che sono tutto il contrario di quello che predica il cristianesimo, sono succubi, e non permettono che si faccia una legge sul testamento biologico, non permettono che io sia libera di disporre come voglio morire!». Il suo intervento fu il momento più toccante della cerimonia. Alla fine si trovò assediata dall’affetto della gente. Ragazzi giovani la abbracciavano, la baciavano. Mentre il marito Aldo De Rosa, al suo fianco da oltre 70 anni, agitava scherzosamente la stampella, fingendosi geloso: «E basta, via, basta!».
Ebbi la fortuna di rivederla solo qualche mese dopo, alla libreria Ambasciatori, per una delle tante presentazioni di libri che teneva in giro per l’Italia. Invece delle solite frasi di circostanza, preferii dirle che ero  anch'io a Marzabotto, quel giorno. E aggiunsi che era stato un momento bellissimo. «Se è stato così bello per lei, provi a immaginare quanto lo è stato per me!», si limitò a rispondere.

Manuel Lambertini

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