|
Judith Malina (Kiel, 4 giugno 1926 - Englewood, New Jersey, 10 aprile 2015) |
Con la scomparsa di Judith Malina la controcultura americana
del ‘900 ha perso una delle sue icone più tenaci e appassionate. Impossibile
renderle un giusto tributo senza rievocare l’intensa stagione in cui, con il marito
Julian Beck, animò il rivoluzionario progetto del Living Theatre: più che una
compagnia teatrale, una comune di attori e artisti, insediatasi nella New York del
secondo dopoguerra e decisa ad estendere gli orizzonti dell’avanguardia
espressionista al mondo della vita quotidiana.
Nata a Kiel nel 1926, in una famiglia ebraico-tedesca,
Judith Malina era emigrata negli Stati Uniti con i genitori; aveva poi frequentato
la scuola del grande drammaturgo Erwin Piscator: di qui l’incontro con Beck e
la nascita, nel 1947, del nucleo storico del Living Theatre.
Poco più che ventenni, Julian e Judith dettero vita ad un
teatro lontanissimo dai lustrini di Broadway. Il teatro di poesia dei primi anni ’50
cedette presto il passo ad una forma di metateatro che – anche con la
rivisitazione dell’opera di Pirandello – puntava al diretto coinvolgimento del
pubblico. Riscoprirono poi l’eredità di Antonin Artaud e il teatro della
crudeltà, in cui la violenza del mondo reale veniva esorcizzata e condannata
attraverso la sua rappresentazione. Se The
Connection (1959) raccontava la giornata di un eroinomane, in The Brig (1963) i membri della compagnia
accettarono di sottoporsi ad autentiche vessazioni, frustati e umiliati dalla
stessa Malina, per lo sconcerto e la pietà degli spettatori.
Dopo un processo politico e alcune settimane di detenzione, nel
1964 i fondatori del Living Theatre intrapresero un viaggio in Europa che si sarebbe
protratto fino al 1970: gli spettacoli realizzati in quel periodo – Mysteries and Smaller Pieces (1964), Frankenstein (1965), Antigone (1967) e Paradise Now (1967) – furono un’imprescindibile fonte di
ispirazione per le contestazioni giovanili del Sessantotto. Nel 1969 Beck e
Malina presero anche parte al film collettivo Amore e rabbia, nell’episodio Agonia,
diretto da Bernardo Bertolucci. Tra le pellicole a cui Judith Malina avrebbe partecipato
nel corso degli anni, da ricordare Quel
pomeriggio di un giorno da cani (1975) di Sidney Lumet – al fianco dell’adorante
amico Al Pacino –, China Girl (1987) di
Abel Ferrara, Radio Days (1987) di
Woody Allen, Risvegli (1990) di Penny
Marshall e soprattutto La famiglia Addams
(1991) di Barry Sonnenfeld.
|
Judith Malina e Julian Beck in carcere in Brasile (1971) |
Rimandato il ritorno negli Usa, e dopo numerose defezioni in
seno alla compagnia, i coniugi Beck si trasferirono nel Brasile oppresso dalla
dittatura militare. Con l’intento di realizzare un «teatro da guerriglia»
rivolto al sottoproletariato delle periferie, cominciarono la lavorazione dell’ambizioso
ciclo L’eredità di Caino, che sarebbe
proseguita per tutto il decennio successivo senza essere mai portata a
compimento. Arrestati nel ‘71 con l’accusa di possesso di droga, furono espulsi
dal Paese dopo due mesi di carcere.
Ma per Judith Malina la prova più difficile si presentò
all'inizio degli anni ’80, quando al marito fu diagnosticato un cancro allo
stomaco: Julian Beck morì il 14 settembre 1985, all'età di sessant'anni, lasciando
a Judith la pesante responsabilità di portare avanti il grande progetto del
Living. Le si affiancò Hanon Reznikov, che nel 1988 divenne il suo secondo
marito. Anche a lui si dovette l’ancor più febbrile attività degli anni
successivi: stabilitosi sulla Terza Strada di Manhattan, il Living realizzò
nuovi spettacoli di denuncia sociale come Humanity,
Rules of Civilty, Echoes of Justice e The Zero Method.
Dopo un altro periodo itinerante, tra il 1999 e il 2003 la
compagnia si stabilì in Italia, nella provincia di Alessandria, dove videro la
luce Anarchia, Utopia, Capital Changes e
Not in my name, feroci atti d’accusa
contro la guerra, lo sfruttamento del sistema capitalistico e la pena di morte.
Durante i giorni del G8 di Genova andò poi in scena Resist Now!, a sostegno della protesta no global. Neanche l’improvvisa
morte di Reznikov, nel maggio 2008, abbatté l’impegno dell’infaticabile Judith:
da sola terminò la realizzazione di Eureka!
e nel 2010 scrisse Red Noir,
coltivando ancora nuovi piani di lavoro.
|
Bologna, 8 luglio 2013 |
Prima che le condizioni di salute e l’indigenza la
costringessero a ritirarsi presso la Lillian Booth Home, una casa di riposo per
artisti del New Jersey, era tornata in Italia un’ultima volta nel 2013. A Bologna, dove aveva
assistito a una proiezione dell’Edipo re
di Pasolini – con l’amato Julian Beck nei panni dell’indovino cieco Tiresia – e
ricordato le vittime della strage di Ustica con uno spettacolo recitato insieme
a Silvia Calderoni della compagnia riminese Motus, The plot is the revolution. Dalla sua piccola sedia a rotelle,
anche in quell’occasione, dette prova di uno spirito sempre battagliero, mai
piegato dagli anni e dagli eventi. A chi le chiese di definire il Living Theatre
rispose che era sempre stato una «lotta per l’azione, per dare potere agli
spettatori»: «Ora li chiamiamo partecipanti, sempre di più il nostro teatro
diventa esperienza in cui i partecipanti possono far sentire il loro potere di
cambiare, con la speranza che quando finisce lo spettacolo portino fuori il
bisogno di opporsi a ciò che è contro il loro sentimento e il loro desiderio».