Con l’arresto
di Riccardo Viti, responsabile della morte di Andreea Cristina Zamfir e di
indicibili violenze ai danni di un numero imprecisato di prostitute nella
provincia di Firenze, il caso del "mostro di Ugnano" è da considerarsi chiuso.
Eppure a me resta un interrogativo che covava ormai da tanto tempo. Dove sono
le attiviste per i diritti delle donne, in particolare quelle di orientamento progressista,
ogni volta che a subire violenza è una prostituta?
La tragedia di Andreea ha
suscitato molta compassione, perché la sua storia non poteva lasciare
indifferenti: era molto giovane, aveva un marito e due figli; e pare stesse vivendo
una condizione di povertà, sfruttamento, violenza domestica, tossicodipendenza.
Ma se la vittima avesse avuto un
profilo biografico appena diverso, meno tormentato, e se la scelta di
prostituirsi fosse stata del tutto volontaria e consapevole, che differenza
avrebbe fatto in relazione alla gravità del delitto? Qualcuno può forse credere
che una violenza carnale – se non la morte più atroce – debba essere compresa
tra le normali conseguenze del vendere il proprio corpo?
Eccoci al punto. Dove siete,
femministe? Dove siete quando le vittime della violenza di genere violano i
vostri dogmi con una condotta "irregolare", quando non corrispondono al
vostro cliché di donna/moglie/madre stalkizzata, umiliata tra le mura di casa o
ridotta al silenzio da uomini intimamene consapevoli di aver perso il loro
dominio sociale?
Non mi risulta che per casi come
quello di Andreea, così scandalosamente frequenti, vi siate mai prodigate in
particolari manifestazioni di solidarietà. Non mi risulta che siate scese in
strada a organizzare fiaccolate o che abbiate espresso la vostra vicinanza alle
vittime attraverso un qualche tentativo di sensibilizzazione pubblica. E non mi
pare nemmeno che abbiate tentato di contrastare culturalmente quel tipo di
approccio al problema della prostituzione che obbedisce solo a logiche di
ordine pubblico e di decoro urbano, senza prestare la minima attenzione alla
necessità di tutelare le prostitute stesse, la loro dignità di persone, il loro
diritto di non essere sfruttate e violentate.
Eravate forse troppo impegnate a
promuovere le quote rosa ad ogni livello della società? A protestare per la
bocciatura della "parità di genere" in Parlamento? A criticare la "satira
sessista" e a difendere Laura Boldrini e le deputate Pd dagli insulti "a sfondo
sessuale" del Movimento 5 Stelle? Non è che anche per voi, care femministe, la vita di certe
donne valga meno di quella di altre?
È di scottante attualità, in
Francia, una polemica che vede la maggioranza delle militanti femministe
dileggiare e insultare le prostituite organizzate in associazioni volontarie,
escludendole da battaglie cui vorrebbero prendere parte al fianco di tutto il genere femminile. Non credo che la posizione delle femministe italiane sia diversa. Non
credo, insomma, che abbiano mai messo in discussione l’autoreferenzialità di
ideologismi grotteschi e esasperati, lontani anni luce dalle sacrosante lotte
di emancipazione del passato; preconcetti che rivelano tutta la loro
infausta portata nel momento in cui arrivano a respingere un’umanità a volte sofferente e a volte allegramente disinvolta, ma sempre ferita ed emarginata.
«Nel mondo esiste la bellezza ed
esistono gli oppressi», diceva Albert Camus. «Per quanto difficile possa
essere, voglio restare fedele ad entrambi».
Manuel Lambertini